L'ho lasciata in tutta la sua (mia) ingenuità. Con la promessa di un nuovo report anche per l'edizione 2011.
Con i vari componenti dei TMI impegnati in zona Pukkelpop, solo io rimango a tenere alta la bandiera in quel che viene definito il più grande festival d'Europa o, da altri, la Woodstock sul Danubio...
Partenza giorno 6 agosto, Orio al Serio – Budapest Feryhegi, tour organizzato da un'agenzia barese che rimane fantasma fino al nostro arrivo in terra Ungherese facendoci in principio temere un tragico epilogo stile prendi-i-soldi-e-scappa.
Fortunatamente all'atterraggio si materializza un uomo dall'inquietante somiglianza con Angelo Branduardi che, dopo aver cazziato l'intera comitiva rea di fumare durante il suo discorso di benvenuto, trasporta i disperati in un pregevole caseggiato evidente residuato dei tempi Sovietici, tale Hotel Golyat, ecomostro di 15 piani situato in posizione semiperiferica di un sinistro quartiere di Budapest.
Spaesati e in preda ad allucinazioni africane dovute alla sete ed alla fame, il sottoscritto e uno dei miei fedeli accompagnatori (essendo l'altro caduto nel frattempo in un profondo letargo) partiamo alla volta della Mecca, in tal caso impersonata da un umile supermarket 24h. Dopo aver sondato la situazione taxi (che increduli di cotanta Italianeria concentrata, di colpo alzano i prezzi manco fossimo a Times Square), decidiamo di partire a piedi verso direzione ignota. Dopo 50 metri di cammino udiamo però in lontananza un tipico accento inconfondibile, molto orecchiette e Lino Banfi, e facciamo conoscenza con quelli che saranno i nostri simpatici vicini di casa (se di casa possiamo parlare) per tutta la settimana seguente.
Formazione completa: Saverio, Ezia, Anna (da cui nasce l'ormai mitica frase pronunciata da Saverio varie volte al giorno – Eenna FaNa Cheeenna!), Salvo, i due ragazzi di Ancona, Laura e cugino più svariati altri personaggi principalmente di area Bari-Gravinese.
Costoro ci accolgono sotto la loro amorevole protezione, sfamandoci, dissetandoci e soprattutto tentando di farci prendere un micidiale sbronza di caffè Borghetti, trafugato dal loro paese natale fino in terra Magiara.
Conclusa la nottata in orario imprecisato, torniamo verso la nostra camera, regalandoci un tour notturno per l'Hotel Golyat su cui intanto erano già fiorite le più pittoresche leggende (è un ex ospedale – nono, mi hanno detto che durante il comunismo questo era un manicomio!).
Mattino del day 0: sveglia relativamente presto, pullman ore 10 alla disperata ricerca di un posto all'ombra sull'isola. Contrattempi: a)il pullman arriva sull'isola prima dei nostri biglietti, mezz'ora di attesa fermi immobili all'ingresso b)la radio ungherese ha una piacevole predilezione per la canzone popolare italiana, e così ci becchiamo in sequenza uno Zucchero cantato in spagnolo ed un Eros Ramazzotti che ci fa sentire tutti un po' più vicini a casa c)veniamo abbandonati in mezzo a un campo vicino alla zona metal, e dobbiamo attraversare tutta l'isola carichi come dei muli.
Trovata la nostra zona campeggio, è ora di montare la tenda, attività per cui nessuno dei tre ha particolari doti naturali. Ne usciamo grazie all'intervento del nostro nuovo amico di Ancona che, mosso da incredibile pietà e vedendo i nostri volti già disperati, si trasforma nel Gran Mogol permettendo a noi piccole giovani marmotte di avere una casa. Finito il montaggio, è ora di fare conoscenza con l'isola. Prima tappa. Bar. Una birra, grazie. 320 fiorini, prego. Un euro e 20 circa. So già come andrà a finire.
Approfittiamone ora per dipingere una panoramica dell'isola. Lunghezza, circa 1,5 km . Larghezza, poco meno di uno. 60 stages di ogni genere, dal palco minuscolo a quello decisamente enorme. Un numero imprecisato di bar e ristoranti con cucine provenienti da ogni parte del mondo (dall'hot-dog alle rane fritte, dalle lumache agli Hare Krishna). 70000 campeggiatori che piantano le tende ovunque, e con ovunque, intendo proprio ovunque. Attività per ogni genere, dal bunjee jumping alla lotta nel cioccolato, aree stile giochi senza frontiere, zone car wash ma con persone al posto della macchina, e qui mi fermo ma l'elenco portebbe continuare per tutta la pagina. Musica 24 ore su 24. Circa 1000 toi-toi piazzati in posizione strategica (cioè sottovento). Capitolo prezzi: oltre alla birra di cui si è già detto, assenzio: 500 ft , circa 2 euro. Jack e coca: 900 ft , circa 4 euro. Secchiello da spiaggia pieno di cocktail a piacere, 2300 ft , circa 9 euro. Discorso a parte merita l'Auchan situato di fianco all'isola, con prezzi da bazar afgano e la possibilità di banchettare gratis all'interno. I presupposti ci sono tutti.
Il day 0 prosegue senza scossoni, soundcheck, francesi ubriachissimi che mostrano il culo ai passanti, umanità varia che provoca svenimenti della mascella al passaggio. Nota pittoresca. Al rientro in tenda, avvertiamo un odore inconfondibile provenire dalla zona veranda della nostra tenda. Il controllo rivela la presenza di pasta, pesto e succhi gastrici. Ringraziamento, bestemmia di rito e trasporto notturno della tenda 2 metri verso destra. Spaesamento di Salvo al mattino, che ritrovandosi l'ingresso bloccato, esclama Ecchecchezzèsuccessqui?
Day 1: fin dal mattino l'atmosfera è frenetica. Il primo concerto inizia alle 15.30 ed è un gruppo Ungherese postcomunista che si presenta sul palco in tenuta marziale. Grasse risate e via in attesa dei Mando Diao, a cui ovviamente rischiamo di arrivare in ritardo. Bravi bello e tutto, e di nuovo in giro a scoprire le meraviglie dell'isola. In serata Manu Chao diverte per la prima canzone, che poi ripete uguale per circa 2 ore candidandosi al premio per il concerto più noioso dell'anno. La serata finisce in zona tenda indie, frequentata da 3 persone inclusi i baristi, poi party arena con conoscenza di una dj 32enne olandese in vena di esperimenti chimici, e veloce chiusura al mokka cuka, locale elettronico specializzato in after-party che proseguono fino alle due del pomeriggio.
Day 2: è il giorno dei Chemical. Giro distensivo in città, e rischiamo l'avvelenamento da peperoncino. Già, perché pare che questo sia proprio uno dei prodotti tipici ungheresi e noi, presi da un attacco di spavalderia, ne ingurgitiamo una versione iperpiccante , innaffiandola di vodka. Aroma paprika. Sputiamo per un'ora ininterrottamente, creando nuovi laghetti artificiali sparsi in tutta Pest.
Durante il rientro ci accorgiamo che stanno suonando i The good the bad and the queen. I giudizi della gente presente ci confermano quello che già captiamo nel giro di 2 canzoni. Anche no. Ma poi. Ore 21.30. Chemical Brothers. Preparazione. Al banchetto del vino acquisto un Sauvignon prodotto probabilmente con l'uva di plastica da decorazione. Mezz'ora dopo la bottiglia è vuota. Arrivano in soccorso i sempre pronti amici Italiani, che offrono vodka e arancia a volontà. Di fronte al main stage stimate circa 200.000 persone, da metà in poi la folla è compatta e impenetrabile. Chiariamo. Se quei due avessero mandato i loro due cugini sul palco e i suddetti avessero schiacciato play, la differenza non si sarebbe notata, dato che i ragazzi manco si vedevano nascosti dietro all'enorme consolle. Ma l'impianto scenografico e le luci sono da pelle d'oca, le canzoni filano e l'isola diventa un unico ed enorme rave, con gente in ginocchio e che si rotola per terra (io). Fine, e poi non ricordo.
Day 3: partenza ore 16.30 coi Gogol Bordello, capaci di far saltare gente di ogni specie razza e religione in pieno pomeriggio sotto il sole a 35 gradi. Come un circo senza animali (violinista a parte) e tanti colori e paillettes. Poi l'idea di stare nella stessa isola di Pink ci fa decisamente ribrezzo, così decidiamo di passare la serata nella city. Dopo esserci fatti spennare in un ristorante, aver fatto una figura stupenda con una notevole 30enne locale (che dopo un session di allusioni pesantissime sul suo conto ci rivela di sapere molto bene l'italiano), e dopo aver constatato che dopo le ore 24 quel giorno nel centro di Budapest era istituito il coprifuoco, decidiamo di tornare indietro.
E Acqua fu. Un tassista dalla spiccata dote dell'onestà ci sfila un buon 2000 ft a testa, sbaglia strada e ci lascia a 3 km a piedi dalla tenda, sotto un monsone tropicale che Noè ci affondava, se fosse stato sul Danubio. Resici conto dell'inutilità della corsa, iniziamo a passeggiare tranquillamente, saltando da una pozzanghera all'altra con l'acqua fin sopra le caviglie. Arrivati al primo stage discoteca, notiamo che la gente se ne frega del clima e continua a ballare, coperta dalla tettoia. Non notando l'utilità di una tettoia quando sei già completamente bagnato fradicio, inizio a ballare allegramente sotto il diluvio, divertendomi molto. Fortunatamente anche una ragazza locale la pensa come me. Intorno, i fulmini squarciano in due il cielo e qualche attrezzatura inizia ad esplodere. Ehi, ma che bello! Sulla strada verso la tenda capiamo il vero spirito dell'isola. La gente si rotola nel fango, si lancia nelle pozzanghere, sradica gazebo e improvvisa lì sotto party itineranti ed è in generale ancora più felice che col bel tempo.Mi sento a casa. Ore 4.30 siamo in tenda. Ma l'amico di Ancona non molla e mi obbliga a riuscire, così ci si fa un tour dell'isola sotto gli scrosci arrivando a ballare nell'unica arena senza l'ombra di tettoia, guarda caso stracolma. Tutto questo mi piace sempre di più.
Day 4: è la giornata dei bagni del fango. L'isola è un enorme piscina e la gente si diverte. Spuntano tipi che fingono di pescare nell'enorme piscina che si è creata vicino al main stage. Altri si lanciano nudi. Altri ballano. Altri bevono a grandi sorsate l'acqua, dal colore marrone-grigiastro. Qualsiasi vestito indossato è una maschera di fango, ma a nessuno gliene frega nulla. Tutti sorridono ancor più di prima.
Nel pomeriggio i Rakes, piuttosto stizziti dalla carenza di gente (contemporaneamente altri palchi erano ben più pieni, e il richiamo del fango ha distolto ulteriormente l'attenzione di molti altri) fanno uno spettacolo piuttosto da ragionieri e il cantante pare un po' troppo altezzoso per l'occasione. Poi gli Hives demoliscono il main stage, si avvistano stage diver dentro a canotti e si crea un casino da rivolta popolare. Applausi per loro, nonostante le dita rotte. In serata Nine Inch Nails. Un gruppo serio e indubbiamente ineccepibile, riescono a farsi amare dai peggiori tamarri così come dai più assidui frequentatori della zona metal. Non è da tutti.
Nel post concerto ci aggiriamo nella zona dietro al palco, e facciamo la scoperta. L'Arany Aznok Beer Park. In fondo, nulla più che una discoteca rock. Canzoni ascoltate tante volte, anche troppe alcune. Eppure lì c'è l'Alchimia. Ok, diciamo anche che tutti sono visibilmente ubriachi. Ma sono anche tu divertitissimi, attivi, sorridenti e solari, basta uno sguardo e conosci chiunque, un sorriso e già ti senti amico. Non lo lasceremo più fino alla fine del festival. Ovviamente, ricomincia a piovere.
Day 5: mi alzo e sono l'unico che sta bene, gli altri sono in pesantissimo post-sbornia dovuto ai secchielli di vodka martini consumati impudentemente. È la mia giornata dedicata alla birra, che decido sarà l'unico tipo di liquido che ingerirò per le successive 24 ore.
Day 6: è il giorno delle terme, che ci ritemprano dalle fatiche di 6 giorni vissuti parecchio vicino al limite. Sauna, acqua a 38°C e piscine ondose ci fanno tornare in piena salute e pronti a ricominciare. Ci sono i Tool e poi l'Arany, ovviamente. Buco clamorosamente i Napalm Death a causa di impegni d'ordine superiore, dai filmati fatti da un mio compagno molto più ligio al dovere distinguo solo un casino indistinto e figure nere che volano da una parte all'altra. E il filmato è di ottima qualità. Poi decido che è giunta la mia ora e mi lancio nel vuoto da una piattaforma alta 25 metri , appeso solo ad una corda ed ad un moschettone. Sono vivo, e ringrazio ancora i produttori del moschettone. Ed ancora Arany.
Day 7: giornata conclusiva, line up imballata, Chris Cornell dà buca, ci dispiace per lui. Alle 3 davanti al main stage a bere birra in quantità, l'ex piscina naturale è stata prontamente trasformata in spiaggia e la gente ne approfitta prendendo il sole e costruendo curiose strutture con le lattine di Arany Aszok vuote. Gli Eagles of death metal sono sicuramente ex camionisti che hanno iniziato a suonare per occupare le lunghe pause quindi sono bellissimi e fanno un grande show raggiungendo l'apice con la cover di stuck in the middle, Juliette Lewis si limona gente a caso nel pubblico e irradia la sua energia in eccesso non permettendo a nessuno di stare fermo, poi i Killers chiudono riuscendo a far commuovere buona parte dei presenti. Ultima all'Arany, decidiamo di diventare l'attrazione del posto e ci armiamo di magliette bianche cravatte ed uni posca. Risultato: magliette riempite delle scritte più impensabili, gente checi accerchia da ogni parte e la generale sensazione di essere continuamente osservato. Il tutto condito da 5 assenzi e varie birre.
E poi il festival è finito. Ho forse parlato poco di musica, perché pur essendo centrale ed onnipresente, questa diventa parte di un qualcosa di più grande ed completo, in cui le facce e le scene che si vedono rimangono quanto e forse più delle note che si sentono. Comunque dovrebbe essere un report di un festival,
quindi via coi voti.
Mando Diao 7.5 Quimby 7 Manu Chao 4.5 Unkle s.v. The good the bad and the queen 5 (per il poco sentito e per il sentito dire) Chemical Brothers 8.5 Gogol Bordello 8 Cassius s.v. Rakes 6.5 Hives 8.5 Nine inch nails 7 Razorlight 7.5 Sinead O'Connor 7 (sentita solo nothing compares to you, e per caso passando) Faithless 7 !!! s.v., Eagles of death metal 7.5 Juliette and the licks 7.5 Killers 9. Un
lo-fi e le fighissime ungheresi nu-metaller.
I 2 giorni passati in più a Budapest (di nuovo al Golyat, che dopo 7 giorni di campeggio selvaggio sembra essersi trasformato nel palazzo di qualche emiro) scorrono tranquilli con punte di vera goduria, poi si rientra.
Con la certezza di aver passato 10 fra i giorni più incredibili della nostra vita. Con la certezza che l'anno prossimo, di fronte al cartello "welcome", ci saremo ancora.
E se volete provare a vincere un pass gratis per il prossimo agosto, avete ancora qualche giorno di tempo per partecipare al contest di Ninjamarketing:
Inventatevi un contenuto creativo sullo Sziget, postate il link nei commenti e, se sarete scelti, diventerete i report ufficiali del festival di Ninjamarketing!
2 commenti:
ahahhaahhaahahhahahaahahhahaahha
che poeta
maporcazozza mi hai fatto venire voglia di andarci!! eri tu ke dovevi vincere il contest di Ninjamarketing!!
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